Condominio – Sentenze Cassazione

19 Novembre 2013

Corte di Cassazione, sentenza n. 22634 del 3/10.2013, La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che la delibera condominiale con la quale si addebitano ai condomini spese non pertinenti è nulla e quindi sottratta ai termini per l’impugnazione. Secondo la Suprema corte, infatti, la delibera condominiale inficiata da nullità è sottratta all’osservanza del termine di impugnazione previsto dall’art. 1137 c.c. per le delibere condominiali solo annullabili.

Corte di Cassazione, sentenza n. 10196 del  30.04.2013, la Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che “deve considerarsi nulla, perché non rientra nei poteri dell’assemblea, deliberando a maggioranza, stabilire interessi moratori a carico dei condomini nel ritardo dei pagamenti delle quote condominiali, potendo tale previsione essere inserita soltanto in un regolamento contrattuale, approvato all’unanimità”.

Corte di Cassazione, sentenza n. 10048 del  24.04.2013, La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che “la nozione di aspetto architettonico di cui all’articolo 1127 Cc non coincide con quella di decoro di cui all’art. 1120 Cc (che è più restrittiva): l’intervento edificatorio quindi dev’essere decoroso (rispetto allo stile dell’edificio), e non deve rappresentare comunque una rilevante disarmonia rispetto al preesistente complesso tale da pregiudicarne le originarie linee architettoniche, alterandone la fisionomia e la peculiarità impressa dal progettista”.  In un simile caso l’aspetto architettonico non può prescindere del tutto dal decoro architettonico: “trattasi infatti di un manufatto di discreta volumetria che occupa gran parte dell’originario terrazzo dell’ultimo piano dunque ben visibile dall’esterno che è stato aggiunto alla preesistente costruzione con in qualche modo inevitabile alterazione delle linee originarie dell’intero stabile”.

Corte di Cassazione, sentenza n. 9140 del 16.04.2013, La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che in presenza di materiale caduto dal soffitto e dalle pareti della scala condominiale, la domanda risarcitoria di un condomino caduto e infortunatosi non può essere rifiutata per assenza di testimoni, ritenendo non provato il nesso causale.

Corte di Cassazione, sentenza n. 4340 del 21.02.2013, La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che per l’installazione di cancelli nel condominio non è necessaria la maggioranza qualificata.

Per la Suprema corte infatti: “In tema di condominio di edifici, la delibera assembleare, con la quale sia stata disposta la chiusura di un’area di accesso al fabbricato condominiale con uno o più cancelli per disciplinare il transito pedonale e veicolare anche in funzione di impedire l’indiscriminato accesso di terzi estranei a tale area, rientra legittimamente nei poteri dell’assemblea dei condomini, attinendo all’uso della cosa comune ed alla sua regolamentazione, senza sopprimere o limitare la facoltà di godimento dei condomini, non incidendo sull’essenza del bene comune né alterandone la funzione o la destinazione”.

“Pertanto – prosegue la Corte – non è richiesta per la legittimità di una delibera assembleare avente detto oggetto, l’adozione con la maggioranza qualificata dei due terzi del valore dell’edificio, non concernendo tale delibera una innovazione secondo il significato attribuito a tale espressione dal codice civile, ma riguardando solo la regolamentazione dell’uso ordinario della cosa comune consistente nel consentire a terzi estranei al condominio l’indiscriminato accesso alle aree condominiali delimitate dai cancelli”.

Corte di cassazione, sentenza n.3586 del 13.02.2013, L’impugnabilità delle delibere dell’assemblea condominiale. In particolare la suprema Corte sancisce che i n tema di condominio negli edifici, debbono qualificarsi nulle delibere dell’assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario all’ordine pubblico, alla morale o al buon costume), le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea, le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, le delibere comunque invalide in relazione all’oggetto. Debbono, invece, qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell’assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all’oggetto.

Corte di Cassazione, sentenza n. 2500 del 04.02.2013, La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che il condominio che compie una sopraelevazione non può sostituire al tetto un terrazzo da destinare a uso esclusivo perché sottrae un bene comune all’uso stabilito.

Per la Corte la sopraelevazione è ravvisabile solo in presenza di un intervento edificatorio che comporti lo spostamento in alto della copertura del fabbricato, del tetto o del lastrico solare, in modo da interessare la colonna d’aria sovrastante lo stabile.

Nell’ipotesi di sopraelevazione, quindi, si sostituisce il diritto dei condomini sulla superficie terminale del fabbricato su un identico bene posto a una quota superiore.

Ne consegue, ha concluso il collegio, che non si può considerare sopraelevazione legittima la realizzazione di un terrazzo a uso esclusivo al posto del tetto comune.

Corte di Cassazione, sentenza n. 14633 del 24.08.2012, La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che anche se il vialetto condominiale di accesso ai garage permetterebbe oltre al transito anche la sosta dei veicoli, è sufficiente che la sosta delle autovetture renda meno agevole la manovra degli altri condomini per decretarne il divieto.

La Suprema corte ha così condiviso il giudizio di Appello secondo cui il parcheggio abituale sullo stradello “priva gli altri condomini della possibilità di utilizzare pienamente tale spazio comune, rendendo meno agevoli le manovre di entrata e di uscita dai garage”, come accertato dal giudice di primo grado durante un sopralluogo da cui era emerso che per passare era “indispensabile mettere le macchine a filo per evitare problemi nell’affiancamento delle autovetture”. Dunque, “una simile utilizzazione viene e limitare l’uso del bene comune secondo la sua destinazione naturale ed a compromettere il pari diritto di godimento degli altri condomini”.

Ordinanza del 23.07.2012, Il Tribunale di Torino con la sentenza in esame ha precisato che un decreto ingiuntivo notificato all’indirizzo sbagliato deve ritenersi giuridicamente inesistente e dunque ner va dichiarata l’inefficacia in base all’articolo 188 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile. Lo ha deciso la terza sezione civile del tribunale di Torino, sciogliendo una riserva nel corso di un procedimento promosso da un condominio che chiedeva la dichiarazione di inefficacia di un decreto ingiuntivo promosso da una società a responsabilità limitata perché l’ingiunzione era stata notificata presso lo studio tecnico del vecchio amministratore.

Corte di Cassazione, sentenza n. 12841 del 23.07.2012, La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame ha precisato che non può essere emesso decreto ingiuntivo nei confronti del venditore dell’appartamento per le quote condominiali non pagate. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione respingendo il ricorso del nuovo acquirente contro un decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti per gli arretrati non pagati dal precedente proprietario.

Secondo i giudici, infatti, “una volta perfezionatosi il trasferimento della proprietà di una unità immobiliare, non può essere chiesto ed emesso nei confronti dell’alienante, in capo al quale è cessata la qualità di condomino, decreto ingiuntivo per la riscossione dei contributi condominiali, atteso che l’obbligo di pagamento di questi ultimi sorge dal rapporto di natura reale che lega l’obbligato alla proprietà dell’immobile, con la conseguente legittimità dell’emissione del provvedimento monitorio nei confronti del subentrato acquirente diventato effettivo condomino (salvo il suo diritto di rivalsa nei confronti del dante causa)”.

Corte di Cassazione, sentenza n. 12485 del 19.07.2012 La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che l’assemblea condominiale può imporre turni nell’utilizzo dei posti auto disponibili e vietare, proprio per la logica dell’avvicendamento, di poter occupare, al di fuori del proprio turno, spazi lasciati temporaneamente vuoti da altri. La Corte ha rigettato il ricorso presentato da un uomo contro la sentenza della Corte d’appello di Roma che aveva confermato la legittimità di una delibera del suo condominio: in essa, dato il numero insufficiente di posti auto rispetto ai residenti (11 posti e 12 condomini) si stabiliva la regola della turnazione, che non poteva essere infranta neanche se il condomino avente diritto in quel momento non usufruiva dello spazio per la macchina.

Corte di Cassazione, sentenza n. 10860 del 02.07.2012, La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che il condominio deve risarcire il minore che rimane schiacciato dal portone. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza 10860/2012, accogliendo il ricorso dell’infortunato, ormai maggiorenne, in quanto la responsabilità per cose in custodia ha natura oggettiva.

La Suprema Corte nel rinviare il giudizio di merito al tribunale di Santa Maria Capua Vetere, infatti, ha affermato il seguente principio di diritto “la responsabilità ex articolo 2051 del codice civile per i danni cagionati da cose in custodia ha carattere oggettivo; perché essa possa, in concreto, configurarsi è sufficiente che l’attore dimostri il verificarsi dell’evento dannoso e del suo rapporto di causalità con il bene, salvo la prova del fortuito, incombente sul custode”.

Corte di Cassazione, sentenza n. 25225 del 26.06.2012 , La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che solo se i rumori molesti arrivano a disturbare la quiete pubblica di «un numero indeterminato di persone» al di fuori del palazzo, allora si può ricorrere al giudice penale per imporre un po’ di tranquillità. Fare rumore in condominio, insomma, non è reato. Al massimo si può agire in sede civile per ottenere una sanzione nei confronti dei condomini molesti.

A spiegarlo è la Corte di cassazione che ha annullato una condanna del Tribunale di Belluno a tre persone, una famiglia della stessa città, denunciate dall’amministratore di condominio e da cinque condomini per aver provocato rumori eccessivi «sbattendo con violenza le porte dell’appartamento e d’ingresso condominiale, urlando immotivatamente sulle scale del condominio, nonché sbattendo tavoli e sedie sul pavimento dell’appartamento da essi occupato». Ma tutto questo non è reato, dice la Cassazione. In questo caso, invece, «non risulta la sussistenza di tale essenziale elemento – scrivono i giudici – essendo emerso dagli atti di causa che gli unici soggetti danneggiati dai rumori molesti causati dagli odierni ricorrenti sono stati i cinque condomini occupanti la palazzina e che detti rumori sono rimasti circoscritti all’interno di detto stabile senza essersi mai propagati all’esterno. Va pertanto ritenuto che i fatti denunciati siano privi di rilevanza penale e tali da poter trovare tutela solo in sede civile con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata».

Corte di Cassazione, sentenza n. 5984 del 16.4.2012, La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che l’amministratore incaricato di nominare un tecnico per eseguire i lavori nel condominio non può liquidare la parcella se non ha ricevuto un mandato esplicito dell’assemblea.

La Suprema Corte ha precisato che laddove si versi “in fattispecie di amministrazione straordinaria, l’iniziativa dell’amministratore senza la preventiva deliberazione dell’assemblea è consentita solo se tali lavori presentino il carattere dell’urgenza, sicché, difettando tale presupposto, le iniziative assunte dall’amministratore stesso con riguardo ad attività straordinaria non creano obbligazioni per i condomini”.

Corte di Cassazione, sentenza n. 16230 del 25.07.2011, La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che l’azione contro il costruttore inadempiente, perché non ha realizzato il giardino condominiale ma anzi vi ha costruito un magazzino per sé, può essere esercitata direttamente dall’amministratore. Non c’è dunque bisogno di un esplicito mandato da parte dell’assemblea, in quanto l’azione rientra fra gli <<atti conservativi>> delle parti comuni.

Per la Suprema Corte, infatti, la costruzione di un magazzino, comportando la perdita per i condomini dell’uso di un’area condominiale, va tutelata attraverso l’esercizio di una attività <<conservativa dei diritti inerenti le parti comuni>>, che il codice civile fra rientrare tra gli obblighi dell’amministratore. Una azione, dunque, <<di ripristino>> e non di <<accertamento>> di diritti di proprietà, per esercitare la quale <<non era necessario il mandato di tutti i condomini>>.

La Cassazione dunque ha espresso il seguente principio di diritto: <<in relazione alla denuncia da parte di un condominio dell’abusiva costruzione da parte del costruttore di una porzione di area (in uso) condominiale mediante la costruzione di manufatto di proprietà esclusiva, sussiste la legittimazione dell’amministratore di condominio ad agire giudizialmente ai sensi dell’articolo 1130 n. 4 e 1131 cc., con azione per il ripristino dei luoghi e il risarcimento del danno, nei confronti dell’autore dell’opera denunciata e dell’acquirente di essa>>.

Corte di Cassazione, sentenza n. 15308 del 12.07.2011, La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che il condomino non può lamentare una lesione del diritto a godere del pianerottolo perché ristretto a seguito dell’installazione di un ascensore. A prevalere, infatti, è il più generale interesse dei condomini. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione in oggetto con la quale ha ribaltato le conclusioni della Corte di Appello di Napoli che invece aveva riconosciuto le ragioni della proprietaria ricorrente, a sua volta rovesciando la decisioni in primo grado.

Per i giudici infatti “nell’identificazione del limite all’immutazione della cosa comune, disciplinato dall’articolo 1120, II comma, codice civile, il concetto di inservibilità della stessa non può consistere nel semplice disagio subito rispetto alla sua normale utilizzazione – coessenziale al concetto di innovazione – ma è costituito dalla concreta inutilizzabilità della res communis secondo la sua fruibilità; si può tener conto di specificità – che possono costituire ulteriore limite alla tollerabilità della compressione del diritto del singolo condominio – solo se queste costituiscano una inevitabile e costante caratteristica di utilizzo”.

Corte di Cassazione, sentenza n. 10717 del 16.05.2011, La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che i singoli condomini possono sempre intervenire “autonomamente” a tutela dei propri diritti ed anche impugnare direttamente le decisioni del tribunale quando a portare avanti la causa del condominio è l’amministratore. Con tale principio la Corte ha rigettato il ricorso di un mobilificio che aveva fatto causa ad un complesso residenziale per risarcimento del danno.

Per la Srl, che è ricorsa in Cassazione, la Corte di Appello aveva sbagliato a non rilevare d’ufficio la “nullità dell’appello perché proposto da soggetti diversi dalle parti del giudizio di primo grado”. Secondo i giudici di Piazza Cavour “se è vero che la legittimazione ad appellare deve essere riconosciuta soltanto ai soggetti che siano stati parti del giudizio di primo grado”, e che siano soccombenti, “deve però tenersi presente in senso contrario, che, configurandosi il condominio come un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini” la sola “esistenza dell’amministratore non priva i singoli condomini della facoltà di agire a difesa dei diritti esclusivi e comuni inerenti all’edificio condominiale”. Dunque, i condomini, devono essere considerati “non terzi, ma parti originarie” e possono “intervenire nel giudizio in cui la difesa dei diritti sulle parti comuni sia stata già assunta dall’amministratore”.

Corte di Cassazione, sentenza n.  939 del 18.01.2011, La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che non conta soltanto il limite di legge ai fini della tollerabilità di un’immissione sonora. Risulta invece necessario considerare anche lo stato dei luoghi in cui il rumore viene prodotto: l’articolo 844 Cc, infatti, impone di contemperare l’esercizio delle attività produttive con la tutela del diritto di proprietà. Accolto, contro le conclusioni del pm, il ricorso dell’avvocato disturbato dal grande ventilatore posto dal negozio attiguo al confine con l’immobile di proprietà del professionista, utilizzato come studio professionale e abitazione. Dopo la doppia sconfitta in sede di merito, l’avvocato segna un importante punto a suo favore. Non ha infatti un carattere assoluto il limite civilistico alla tollerabilità delle immissioni sonore, costituito dalle soglie indicate da leggi e dai regolamenti (lo scostamento dagli standard, nella specie, risultava soltanto in una piccola parte dell’immobile di proprietà del professionista). La Corte d’appello, invece, non ha effettuato una verifica necessaria: non è stato controllato se i rumori dell’impianto di climatizzazione del vicino nuocessero o meno alle attività quotidiane, professionali e private, dell’avvocato. Sarà allora il giudice del rinvio a chiudere la controversia, tenendo conto di due elementi: è vero, il negozio e lo studio professionale sono entrambi luoghi ove si svolge un’attività produttiva, ma equipararli è sbagliato perché nel secondo si svolge un’opera di ricerca e di studio che impone particolare tranquillità; nel contemperare le esigenze fra attività produttiva e diritto alla salute, poi, è necessario dare priorità al secondo, la cui tutela deve essere ritenuta intrinseca all’esercizio della prima.

Corte di Cassazione 18192/09, Qualora il condomino in conflitto di interessi sia stato delegato da altro condomino ad esprimere il voto in assemblea, la situazione di conflitto che lo riguarda non è estensibile aprioristicamente al rappresentato, ma soltanto allorché si accerti, in concreto, che il delegante non era a conoscenza di tale situazione, dovendosi,in caso contrario, presumere che il delegante, nel conferire il mandato, abbia valutato anche il proprio interesse – non personale ma quale componente della collettività – e lo abbia ritenuto conforme a quello portato dal delegato

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